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Ricevo tantissime mail di persone che mi domandano quale è la strada migliore per riuscire a dare alle stampe un libro.

Rispondo sempre alla medesima maniera: “purtroppo è quasi impossibile”.
Dovrei rispondere invece: “dipende dal testo. Se è buono basta spedirlo ad un editore, avere pazienza e ricevere un bella proposta di contratto”

Ma non è così.

Questa è la mia storia personale che è riuscita ad aggirare un ostacolo che pareva alto come il cielo.
Spero possa essere utile.

A lungo ho scritto per me stesso, perché mi divertiva, poi ho scritto per non morire ed infine per risorgere dalle mie ceneri, fino a quando un regista piuttosto conosciuto ha insistito affinché spedissi un manoscritto ad una cinquantina di editori.
Era il 1995.
In risposta ho ottenuto il silenzio.
Dieci anni dopo, nel 2005, mi chiamò un piccolissimo editore dicendomi che aveva letto il libro e che lo trovava buono.
Io, a dirla tutta, nemmeno ricordavo d’averlo scritto!
Fatto sta che il romanzo venne dato alle stampe e fu divulgato con poca forza.
Vendette qualche centinaia di copie e, per il resto, rimase sconosciuto.

Anni dopo e tante tante storie dopo, ho scritto “Siro“: la vicenda di un pastore che, fin da bambino aveva la passione di imparare a leggere.
Finito il libro mi sono messo a pensare. Ero nel mio studio di Treviso e fuori c’era un cielo blu senza una nuvola che fosse una. All’epoca mi occupavo di bilanci e tasse.

“e adesso cosa faccio?” mi sono chiesto.
Volevo essere letto da un editore importante, che potesse fare la differenza, che potesse far arrivare i miei personaggi alla gente.

Sapevo bene però che purtroppo i manoscritti, quando raggiungo gli “editor” piombano in un pozzo profondo come l’abisso e lì rimangono e tu, che aspetti, ti convinci di aver scritto una ciofeca indegna e mediti di smettere con la narrativa oppure di affrontare una nuova storia, nella convinzione che, il fallimento, sia dovuto alla tua inettitudine e non a quella di altri.

In Italia (non so altrove) nessuno si prende la briga di contattarti, di scriverti, di dirti che il tuo romanzo fa schifo. Niente.
Nessuno si prende cura di te.
Il perché non l’ho capito mai.
Forse questi “lettori” sono oberati dal lavoro o forse non si impegnano a fondo, non saprei dire.

Ad ogni modo mi sono messo di fronte al pc, ho imbastito una mail e l’ho inviata ad un “numero uno” dell’editoria.
In questa mail mi sono finto pastore (di pecore), vecchio, logoro e povero in canna ma con una storia da raccontare: la mia.
L’ho fatto nella convinzione che, in quest’Italia che zoppica, conti di più il “personaggio” del “libro”.

Una sorta di “specchietto per le allodole” ed ha funzionato.

Trascorrono solamente sei giorni che, alle otto e trenta del mattino, mi chiama quest’uomo incuriosito dalla mia storia e non la smette di chiedermi del gregge e dei boschi e dei pascoli e io dietro a raccontargli tutto quello che mi passava nella testa. Un mucchio di palle.
Dopo una buona mezz’ora di chiacchiera mi dice che è interessato a pubblicare il testo. Non solo. Mi dice che si trova al mare ma che vuole a tutti i costi conoscermi e che quindi, sarebbe salito in macchina e mi avrebbe raggiunto nel mio piccolo paese di Tai di Cadore così avrebbe visto con i suoi occhi la stalla e tutto il resto.

Gli dissi “ok”

“E adesso?” – pensai – “questo sale fin in Dolomiti dal mare e non trova un pastore anziano e nemmeno le vacche ma soltanto me”

Così gli scrissi una seconda mail raccontandogli della burla.
Mi aspettavo che se la prendesse e mi mandasse in malora e invece, questo signore, mi raggiunse ugualmente e, quando ci vedemmo al bar del paese, scese dall’auto con una cartellina in mano.

“Questo è per te” – mi disse mentre mi porgeva il contratto che avrebbe permesso a me e a Siro di iniziare questa fantastica avventura nella scrittura che ha cambiato tutta la mia vita.

Ecco! Io sono diventato scrittore in questo modo: raccontando una storia nella storia e giocando con l’emozione. Perché in fondo si racconta per emozionare, se stessi e gli altri.

Ho ricercato nei miei archivi il testo della mail che spedii quel giorno.

La riporto di seguito così che possa essere letta.

Io non lo so che cosa può insegnare una storia del genere. Sicuramente a non mollare mai perché i sogni, per realizzarsi, vanno aiutati in tutte le maniere possibili.

Gentile casa editrice, mi chiamo Francesco e sono del Cadore. Di un paese
vicino a Pieve di Cadore.

Per vivere faccio il pastore e lo faccio da quando ero bambino. Non ho avuto la fortuna di studiare e ho vissuto un’esistenza storta e piena di nodi. 

Comunque… ho imparato a leggere per caso, in malga, e con il passare del tempo mi sono innamorato delle parole e della scrittura così, anno dopo anno, ho messo insieme un diario. 

Mi è capitato di rileggerlo non molto tempo fa e ci ho ricamato sopra un romanzo, ai fatti della mia vita.

Quando l’ho riletto poi, a volte mi sono commosso e un mio caro amico mi ha detto di inviarlo a voi e si è preso la briga di batterlo al computer.

Così ve lo invio. 

Vi prego, nel caso aveste interesse verso queste mie parole a volte stupide, di non scrivere a questa mail che è di un amico.

Io non ho dimestichezza con i computer.

Possiedo un cellulare che accendo il mattino. Tutte le mattine. Dalle sei, quando mi alzo, fin verso mezzogiorno. Poi lo spengo perché, sebbene sia ormai anzianotto, mi piace ancora la pace di quassù.

Il mio numero è: ……………………

Con umiltà

Francesco